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Yelenovka, Olenivka: Prigionieri Di Guerra Ucraini Colpiti. Segnali Indicano Kiev

02/08/2022 ore 11:00 – Articolo 2 Agosto 2022, di Eva Bartlett

Chi ha ucciso i prigionieri di guerra a Olenivka, nella regione di Yelenovka? Tutti i segnali a terra indicano un attacco ucraino. Ci sono tutte le ragioni per credere che l’attentato del 29 Luglio al centro di detenzione che conteneva prigionieri di guerra ucraini sia stato effettuato su ordine di Kiev.

È stato estremamente difficile assistere in prima persona ai resti carbonizzati e contorti dei prigionieri di guerra ucraini nel centro di detenzione di Yelenovka. La puzza di morte era opprimente. I corpi sono rimasti tra le rovine e si sono fusi nei letti a castello di metallo su cui si trovavano al momento del bombardamento.

Altri cadaveri, presumibilmente uccisi dalle schegge anzichè bruciare a morte, giacevano all’esterno. Un soldato li stava ispezionando, probabilmente per determinare le cause esatte e l’identità delle vittime. Anche se la parte ucraina ha ucciso i propri soldati, sono stati i russi a occuparsi di identificarne i resti.

Ho condiviso alcune delle foto raccapriccianti e i miei pensieri su Twitter, subito dopo essere tornata da Yelenovka.

«Il fetore della morte era ovunque. È quasi certo che l’Ucraina lo abbia fatto intenzionalmente, ai suoi stessi soldati che si erano arresi e, come ha sottolineato Basurin, stavano confessando il loro assassinio di civili del Donbass, che proveniva dagli ordini dei comandanti, e che provenivano da Kiev».

La mattina dopo, sono andata in giro per Donetsk per documentare le pericolosissime mine antiuomo “petali” che l’Ucraina ha lanciato sulla città. Secondo i servizi di emergenza della DPR, otto civili sono rimasti uccisi da queste mine antiuomo solo il giorno prima. Se calpesti uno di questi minuscoli ma potenti esplosivi, è probabile che ti strappi semplicemente un piede o una gamba invece di essere ucciso. E hanno un aspetto insidiosamente simile a un giocattolo, in grado di attirare l’attenzione dei bambini.

 

Chi beneficia del crimine di guerra a Yelenovka?

L’Ucraina e i media occidentali, come prevedibile, incolpano la Russia dell’attentato al centro di detenzione di Yelenovka, che ha ucciso 53 persone. La Russia e la Repubblica popolare di Donetsk (DPR), a loro volta, puntano il dito contro Kiev.

Oltre alle vittime, l’attentato del 29 Luglio, alle 2 del mattino, che secondo i funzionari della DPR è stato effettuato utilizzando l’HIMARS fornito dagli americani, ha ferito almeno 8 dipendenti della struttura e oltre 70 prigionieri di guerra detenuti. I prigionieri erano combattenti ucraini catturati, principalmente membri della milizia neonazista Azov che si era arresa a Mariupol a Maggio.

Se l’HIMARS, o High-Mobility Artillery Rocket System, fosse davvero la fonte della distruzione e della morte, allora è quasi certo che sia stata l’Ucraina a bombardare la prigione, dato che Kiev aveva le coordinate ed è l’unica parte in conflitto che possiede tali armi. Anche il Pentagono ammette che è possibile, seppur caratterizzando il bombardamento come “non intenzionale“.

Da una prospettiva logica, la Russia non aveva alcuna motivazione per bombardare la prigione. Per l’Ucraina, invece, questi prigionieri di guerra rappresentavano una responsabilità, in quanto potevano testimoniare i presunti crimini di guerra commessi contro i civili del Donbass.

L’Ucraina ha avanzato una litania di affermazioni intese a incriminare la Russia durante l’attuale conflitto: il massacro di Bucha, il bombardamento all’ospedale di maternità a Mariupol, la bufala sul fantasma di Kiev, le presunte fosse comuni di civili, le stravaganti false accuse di soldati russi che commettono crimini di rapporti sessuali, che hanno visto persino licenziare l’ex commissario parlamentare ucraino per i diritti umani dallo stesso parlamento di Kiev.

 

La Russia ha invitato le Nazioni Unite e la Croce Rossa Internazionale a indagare sull’attentato alla prigione di Yelenovka. Nel frattempo, gli osservatori on-line, hanno utilizzato i dati pubblicamente disponibili per mettere insieme un quadro di ciò che è accaduto. Ecco un’analisi approfondita dal canale Rybar Telegram (con oltre 627.000 follower), specializzato in analisi militari:

«La parte orientale dell’edificio ha subito i danni maggiori, dove si è verificato un potente incendio ed esplosione, che hanno frantumato le finestre». A giudicare dall’angolo di impatto, l’analista conclude che «la traiettoria del colpo è partito da Marinka-Kurakhovo, il triangolo di Sergeevka-Pokrovsk-Udachnoe». Questo è il territorio controllato dall’Ucraina. Dalle informazioni a disposizione, l’analisi non ha potuto accertare se fosse stato utilizzato HIMARS.

Chi beneficia da tutto questo secondo un pensiero logico, e dettate da una serie di circostanze, indicherebbero Kiev. Questi sono stati i segnalati degli osservatori russi compilati in una cronologia degli eventi. I nazisti Azov catturati sono stati portati nel centro di detenzione di Yelenovka alla fine di Maggio. Sebbene gli scambi di prigionieri tra Ucraina e Russia abbiano incluso combattenti Azov, c’è una forte opposizione a restituirli a Kiev, il che significa che non vi è alcuna garanzia che sarebbero stati scambiati in futuro, rendendoli potenzialmente una responsabilità per Kiev. Entro il 20 Giugno i rapporti sui bombardamenti ucraini nella prigione erano già apparsi sui canali russi che guardavano il conflitto. Il 28 Luglio, è emersa una confessione di un membro dell’Azov, sostenendo che i neonazisti a Kharkov e Kiev avevano ordini diretti dall’ufficio di Zelensky di torturare e uccidere i prigionieri di guerra russi. Nella tarda notte/mattina successiva, l’Ucraina ha colpito proprio il centro di detenzione che tratteneva il membro di Azov che aveva confessato, così come altri che avrebbero potuto farlo.

Altrove, altri neonazisti catturati hanno confessato di aver ucciso deliberatamente civili, un disastro di pubbliche relazioni per l’Ucraina, aggravato se i prigionieri di Yelenovka avrebbero seguito l’esempio.

Ultimo, ma non meno importante, appena due giorni prima dell’attacco di Yelenovka, il Senato degli Stati Uniti ha approvato una risoluzione che esorta il Dipartimento di Stato a riconoscere la Russia come “sponsor del terrorismo“. Perpetrando un attacco e incolpando Mosca, Kiev probabilmente mirava a far passare tale decisione, anche se il Dipartimento di Stato fosse stato riluttante a farlo.

Ed ecco il motivo dell’attacco missilistico ucraino di oggi: Yermak, capo dell’Ufficio del Presidente dell’Ucraina, ha scritto che “l’attacco terroristico russo a Yelenovka” deve portare al riconoscimento della Russia come sponsor del terrorismo.

Dati i molteplici tentativi dell’Ucraina di incriminare la Russia e 8 anni di bombardamenti sui civili nel Donbass, uccidere i propri soldati non è così inverosimile. In effetti, i soldati ucraini arresi hanno affermato che i loro comandanti hanno minacciato di sparargli se avessero tentato la diserzione, e in effetti i nazionalisti ucraini hanno sparato su di loro quando hanno tentato di arrendersi, in un caso uccidendo e altri ferendone a dozzine.

Spetta ai medici russi e della DPR preservare la vita dei prigionieri di guerra ucraini, anche quelli apparentemente feriti dal fuoco amico. Fuori da un ospedale di Donetsk dopo l’attentato a Yelenovka, uno dei medici che lavoravano sui feriti ucraini ha detto che cinque erano già stati operati con successo per le ferite da schegge e altri due sarebbero stati operati.

«Non importa da che parte stai, ti aiuteremo», ha detto il medico.

Le scene orribili di carne carbonizzata e corpi tempestati di schegge che ho visto in prigione rimarranno impresse nella mia mente per molto tempo. Sì, la guerra è brutta, ma l’Ucraina sta alzando la posta quando si tratta di crimini di guerra e ipocrisia.

Eva Bartlett è una giornalista indipendente canadese. Ha trascorso anni sul campo coprendo zone di conflitto in Medio Oriente, in particolare in Siria e Palestina (dove ha vissuto per quasi quattro anni). La scrittrice ha ricevuto nel 2017 l’International Journalism Award for International Reporting, concesso dal Mexican Journalists’ Press Club (fondato nel 1951), è stata la prima a ricevere il Serena Shim Award for Uncompromised Integrity in Journalism ed è stata selezionata nel 2017 per il Premio Martha Gellhorn del giornalismo.

Guarda la sua biografia estesa sul suo blog A Gaza . Tweetta da @EvaKBartlett.

 

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